di Salvo Barbagallo
Domani, sabato 18 novembre 2017 Anno Domini, Nello Musumeci sarà proclamato nuovo Governatore della Regione Sicilia. Ancora non sono stati indicati e non si conoscono i nomi dei componenti della “squadra”, cioè dei nuovi assessori, che affiancheranno Musumeci, e quindi non si può prevedere quale prospettiva avrà il futuro di chi per i prossimi anni determinerà (volente o nolente) il “destino” dei Siciliani. A chi ritiene che i miracoli siano possibili bisognerebbe ricordare che gli “umani” miracoli non sono in grado di farne, tenuto conto dei disastri perpetrati nel corso dei decenni precedenti, e bisognerebbe ricordare che l’ultimo Governo della Regione (quello che portava l’intestazione “Crocetta”) e dei Governi che prima hanno gestito il territorio isolano, non hanno lasciato un’eredità positiva sulla quale potere costruire. E bisognerebbe ricordare anche che non esistono bacchette magiche per mutare, da un giorno all’altro, una situazione quasi al collasso.
Certo, le risorse “naturali” la Sicilia le possiede da sempre, ma quelle risorse sono state depredate o lasciate inutilizzate o svendute. Riprendere, quindi, il bandolo della matassa non è impresa facile per chiunque, che ci sia o meno la “volontà” di avviare un realistico cambiamento. Si può tentare una svolta? Si dovrebbe tentare in ogni modo, anche se lo scetticismo la fa da padrone.
Il “laboratorio politico Sicilia” che ha portato Musumeci alla carica di Governatore, tutti (o quasi) ne sono convinti, doveva servire quale “test” per la vicina competizione elettorale nazionale: quel che accade a Roma in questo ambito politico “anomalo” della vita del Paese è sotto gli occhi di tutti: dismesse le ideologie (che non servono più a nessuno), alleanze e accorpamenti vanno ormai sulla base degli opportunismi del momento con una fluidità e trasversalità che dovrebbe preoccupare. E probabilmente preoccupa, visto il crescente astensionismo e allontanamento del cittadino alle urne. Nessuno dei vari contendenti sul campo opera fattivamente per il “recupero” dell’elettorato, forse perché si ritiene che, a conti fatti, l’astensionismo torna utile alle compagini organizzate con le segreterie, non esistendo da tempo “sedi” di partito centrali e periferiche che coagulavano gli interessi ideologici o pseudo tali.
Musumeci preannuncia che governerà la Sicilia come (tanti anni addietro) governò (da presidente) la Provincia di Catania. A nostro avviso Musumeci compie già un errore di valutazione: il territorio Siciliano è composto da 390 comuni a loro volta costituiti in tre città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) e sei liberi Consorzi comunali., tutti con caratteristiche ed esigenze diverse. Gestire una realtà così complessa equivale a dire avere capacità umane a disposizione di alto livello, con competenze di natura superiore. Appare utopistico reperire nell’attuale contesto politico personaggi che siano idonei ad affrontare e risolvere le problematiche che pesano sulla Sicilia in questo momento. Ecco dove nasce lo scetticismo: i compromessi che il Governatore Musumeci sarà probabilmente costretto ad accettare possono inficiare in partenza un progetto di rilancio della Sicilia. Tenendo anche nel debito conto che un “programma”, in campagna elettorale e fino ad ora nessuno lo ha mai enunciato. “Diventerà Bellissima” è uno slogan, ma il contenuto, al di là delle opinioni che si possono avere, sino ad oggi non è stato mostrato.
La logica degli interrogativi vale anche per questo enunciamento: “Si può tentare una svolta?”.